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Storia, arte e cultura a Urbino

Veduta di UrbinoLe origini di Urbino sono antichissime. Il nome Urvinum deriva probabilmente dal termine latino urvus (urvum è il manico ricurvo dell’aratro).
Gli successe Guidantonio che mantenne a sua volta un’accorta politica di equilibrio. Durante il suo dominio, nel 1416, i fratelli Lorenzo e Iacopo Salimbeni affrescarono l’Oratorio di San Giovanni, portando nella città le esperienze più raffinate del gotico cortese.

Affreschi F.lli Salimbeni

Alla sua morte (1443) subentrò il giovanissimo figlio Oddantonio che, appena sedicenne, non solo non seppe mantenere la politica di equilibrio, ma dilapidò le scarse risorse economiche del ducato provocando una rivolta che sfociò nella congiura del 21 luglio 1444, durante la quale venne ucciso assieme a due ministri.

E’ a questo punto che compare la figura di Federico da Montefeltro, il personaggio più illustre che legherà la storia della città alla propria fama. Figlio naturale di Guidantonio, fratellastro di Oddantonio divenne, alla sua morte, signore di Urbino.

Negli anni successivi Federico da Montefeltro avrà significativi riconoscimenti: il papa lo chiamerà a Roma per nominarlo cavaliere di San Pietro e Gonfaloniere della Chiesa (poco dopo una sua figlia sposerà un nipote del papa, Giovanni della Rovere); Il re d’Inghilterra, Edoardo IV, gli conferirà l’Ordine della Giarrettiera; il re di Napoli l’Ordine dell’Ermellino.
La morte lo sorprese nel 1482, con il figlio Guidubaldo ancora fanciullo.

La sapiente tutela dello zio Ottaviano Ubaldini seppe conservargli tutti i poteri conquistati dal padre, anche se alterne vicende politiche italiane lo costrinsero ad abbandonare in fuga la città, sotto la pressione del Valentino che nel 1502 l’aveva conquistata. L’anno successivo, rientrato definitivamente in possesso del suo ducato, presero finalmente avvio anni sereni per la città e per la corte. Sarà proprio in tale clima culturale che si preparerà e affermerà il genio artistico di Raffello il quale, dopo la formazione nella bottega paterna e le prime opere eseguite per località del ducato, si muoverà su raccomandazione di Giovanna Feltria Della Rovere – verso Firenze e Roma dove raggiungerà il suo apice.

La muta di RaffaelloUnico problema della corte era la mancanza di eredi, così che, alla morte di Guidubaldo (1508) il ducato passò a Francesco Maria I della Rovere. Pur senza eguagliare gli splendori dei Montefeltro, la Corte roveresca continuò a radunare attorno a sé musicisti e scenografi, artisti e letterati: diverse sono le committenze a Tiziano, senza dimenticare le numerose opere fatte eseguire all’urbinate Federico Barocci che certamente costituì l’aspetto più qualificante della committenza degli ultimi Della Rovere.

Ma il fatto più negativo per la città si verificò quando la Corte, nel 1523, decise di trasferire la propria sede a Pesaro, con conseguente emarginazione di Urbino rispetto ai centri litoranei.

Iniziò un lungo periodo di declino che si protrasse fino all’epoca napoleonica la quale comportò per Urbino, come per molte altre città italiane, oltre alla soppressione di chiese, conventi e istituti religiosi, un ennesimo impoverimento del proprio patrimonio artistico con la distruzione di alcune opere (sculture in bronzo, fuse per scopi militari) e la deportazione di altre verso Milano, prima fra tutte la famosa Madonna col Bambino e Santi di Piero della Francesca che diventerà la celebre ‘Pala di Brera’.

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