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Il Duca Federico da Montefeltro

Ritratto di Federico da Montefeltro (Piero della Francesca)

Federico da Montefeltro diventò signore di Urbino nel 1444 alla età di ventidue anni e governò ininterrottamente la città e le sue terre fino alla morte, avvenuta nel 1482.

In quel quarantennio avvenne qualcosa di irripetibile nella storia dello stato urbinate: grazie alle ricchezze accumulate esercitando il mestiere della guerra Federico costruì in Urbino una corte la cui fama si propagò in tutta Europa ed avviò una mole sterminata di lavori che coinvolsero tutti i paesi a lui soggetti.

Per realizzare i suoi progetti Federico chiamò alla sua corte numerosi artisti; fra questi predilesse l’architetto Francesco di Giorgio Martini e il pittore Piero della Francesca, che entusiasmò il signore di Urbino con dipinti dalla luminosità cristallina, dalle geometrie rigorose e dalle armoniche proporzioni.
Solo una parte di opere realizzate in quel periodo sono giunte fino ai nostri giorni, in parte rovinate o modificate da interventi posteriori, ma sufficienti a darci l’idea dell’eccezionale impresa avviata dal duca.

Le vicende di Federico sono state narrate in numerosi libri.
Le prime biografie furono scritte con l’intento di esaltare le gesta del duca; ma anche storici moderni, mossi quasi da riconoscenza per ciò che egli seppe dare alle sue terre, hanno mantenuto un giudizio sempre favorevole nei suoi confronti, come se davvero Federico avesse agito all’insegna delle araldiche virtù di lealtà, magnanimità e fedeltà.

Solo con gli studi più recenti si è arrivati ad una sorta di laicizzazione del personaggio, mantenendo separati i giudizi sul mecenate e sull’ispiratore di artisti da quelli sul politico e sul militare, cercando in questo modo di comprenderlo nella globalità di principe del suo tempo, che per rafforzare il proprio stato attinge a quel mondo di pensieri e di comportamenti descritti nel Principe di Macchiavelli: “Quanto sia lodevole mantenere la fede e vivere con integrità e non con astuzia ciascuno lo intende; nondimeno si vede per esperienza nei nostri tempi che quei principi che hanno tenuto poco conto della fede e hanno saputo con l’astuzia aggirare i cervelli degli uomini hanno fatto grandi cose, e alla fine hanno superato quelli che si sono fondati sulla lealtà”.

Dopo la sua morte il ducato di Urbino conobbe un rapido declino; ma si era ormai alla fine di un’epoca; nel giro di un trentennio tutta l’Italia sarebbe rovinata sotto gli eserciti di Francia e Spagna.

Federico diventò signore di Urbino nel luglio del 1444 succedendo al fratellastro Oddantonio ucciso in una congiura di palazzo: il lungo governo del futuro duca iniziò con un brutale assassinio organizzato dallo stesso Federico.

Per vent’anni combattè contro Sigismondo Pandolfo Malatesta, signore di Rimini e Fano; lo scontro fu violento, senza esclusione di colpi, a tratti feroce; quando nel 1447 gli abitanti di Fossombrone si ribellarono ai Montefeltro ed aprirono le porte a Sigismondo, Federico rapidamente riconquistò la città, e per punirla lasciò che le soldataglie la saccheggiassero.

Nel 1463, appoggiandosi a papa Pio II, fermamente deciso ad eliminare la signoria malatestiana da Marche e Romagna, Federico riuscì a sconfiggere definitivamente il suo rivale.

Da quell’anno fino alla morte Federico conobbe la stagione del suo massimo splendore; in quel ventennio ricoprì la carica di capitano generale dell’esercito della lega italica e a tratti fu contemporaneamente comandante degli eserciti del re di Napoli, del duca di Milano e del papa.

Tante cariche lo obbligarono a dare fondo a tutte le sue capacità di accorto diplomatico, di prudente simulatore, attento a non contraddire i suoi potenti padroni, ad accettare con pazienza i loro rabbuffi, a sopire i loro sospetti, a cedere alle loro imposizioni; quando poi gli eventi lo mettevano di fronte ad un bivio, cercava di valutare attentamente le possibili conseguenze di ogni sua scelta e di prendere quel partito capace di portargli i maggiori benefici, evitando comunque di tagliare tutti i ponti con la parte momentaneamente avversa: a queste virtù, più che a quelle militari, Federico dovette la sua straordinaria ricchezza.

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